Breve vita felice (e doppio brindisi) degli avvoltoi di Clemente VII

dal CORRIERE FIORENTINO, 10/11/2011

Ognuno ha i suoi problemi, il suo film, e a giro si vedono scene da fine impero, con topolini e topoloni che, certi di non essere più ricandidati al prossimo giro, abbandonano la nave madre alla ricerca di più facili e immediati ricollocamenti parlamentari. Berlusconi li chiama traditori, il Giornale li scheda con foto e nomi in prima pagina e il titolo «i giuda che hanno pugnalato il governo», li guardi e trovi in mezzo anche Alessio Bonciani, che nel 2008 riuscì a entrare alla Camera perché altri, candidati in più regioni, scelsero di non essere eletti in Toscana e per lui si liberò uno spazio. L’altro giorno ha lasciato il Pdl per l’Udc. Ma siccome tutto si tiene, e la caduta berlusconiana non-ancora-avvenuta ha effetti anche sul centrosinistra e sul destino politico di Matteo Renzi, dall’altra parte, nel Pd, per qualche ora si sono fregati le mani perché le (fino a due giorni fa) probabilissime elezioni di gennaio con i moon boot ai piedi e la neve fin dentro i seggi si sono fatte meno probabili, ma se comunque alla fine si facessero davvero impedirebbero lo scoppio del Big Bang. Con le elezioni nel 2013 sarebbe tutto diverso. Ci sarebbe tempo per fare le primarie, quindi anticipare il congresso, tempo per costruire una candidatura, tempo per non farsi travolgere dagli eventi, dalla Borsa e dallo spread, che praticamente è diventata il corrispettivo politico-finanziario della pressione arteriosa: oggi ce l’hai alta o bassa? Non che abbiano smesso di fregarsele, le mani, certo, in attesa che il corpo del nemico passi sulla riva dell’Arno. Anche perché ogni cinque minuti parte un treno e i pezzi di giornale invecchiano precocemente, e magari l’ipotesi Monti si sgonfia (anche se appare molto concreta visto che persino il Cav. apre a un governo dell’economista).

E quindi: c’è Marco Mairaghi che fa il suo manifesto politico (ieri due pagine sulla Nazione) e pure una specie di contro-Big Bang a dicembre, contro il personalismo renziano, perché «un collettivo di pensieri contribuisce ad individuare soluzioni per la maggioranza degli elettori meglio della persona singola», anche se la politica passa però «dalle forme organizzate, dal rilancio del partito». Il che è un po’ come dire che Manciulli e Mecacci non ci sono riusciti, si son fatti travolgere anche loro dal renzismo. Altrimenti che bisogno avrebbe Mairaghi di chiedere di rilanciare qualcosa già perfettamente lanciato? E infatti ieri è uscita una nota firmata dal coordinatore della segreteria nazionale Maurizio Migliavacca, da Enrico Rossi e dai due segretari tosco-fiorentini, contro tutte le iniziative personalistiche. A partire dal Bing Bang fino ad arrivare a quella di Mairaghi: «Non serve in alcun modo dare l’mpressione che le nostre preoccupazioni siano altre o che ci siano luoghi di discussione diversi dal partito, magari immaginati come luogo di contrapposizione a qualcuno».
Quindi insomma quelli che volevano che Renzi rimanesse a fare il sindaco per qualche ora possono, timidamente e pacatamente, festeggiare, e pure a un po’ volteggiare, ché lo spumante vale doppio, per Berlusconi che (forse) se ne va e per Renzi che (forse) rimane. Festeggia Mairaghi e con lui anche i sindaci dell’hinterland, Chini, Biagioli, Cristianini, festeggia Barducci, festeggiano anche i consiglieri comunali come Pugliese, festeggia la segreteria metropolitana che, alla Domenici, gli ha chiesto di «non candidarsi», festeggia Manciulli, che ricorda a Renzi che prima dei Cento punti per l’Italia, prima del Wiki-Pd, c’è da finire i Cento punti fiorentini, perché di centopunti in centopunti poi uno perde il conto e non si sa più cosa ha promesso e cosa invece non è riuscito a mantenere. E anche Renzi mostra qualche segno di nervosismo, l’altra sera in giunta non era proprio contentissimo di continuare a vedere il mondo dalle finestre della sala Clemente VII, perché Firenze è Firenze, c’è Dante, il lampredotto e tutto, ma vuoi mettere affacciarsi a quelle di Palazzo Chigi? Paolone Calosi, che segue il dalemismo come e più di una religione (toglietegli tutto, ma non il suo D’Alema), ieri mandava messaggi di giubilo per il manifesto di Mairaghi, «l’era l’ora si cominciasse a fa’ sui serio. Fuori gli sciacalli, i servi sciocchi e i quaquaraquà». Festeggia, e volteggia, anche Riccardo Conti, che invita Renzi a diffidare delle caricature, «perché tale è quella a cui è ricorso Matteo concludendo la Leopolda sui Sindaci che erano costretti ad andare alle riunioni di partito e poi a distribuire i volantini che gli venivano consegnati».
E insomma, mentre c’è chi festeggia e chi volteggia, mentre Nardella rischia di accontentarsi del suo ruolo di vice-peluche, mentre la caduta del berlusconismo scompagina scenari e pone problemi seri al progetto di rinnovamento del Pd, il partito di Bersani procede a trovarsi un nuovo avversario e a sostituire progressivamente Berlusconi con Renzi, lo fischia in piazza e lo rende paradossalmente simpatico. In fondo al Cav. non è andata troppo male. Ha tenuto per 17 anni.

David Allegranti
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