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Trasparenti e sulla Rete, come funzionano i finanziamenti all’americana

I riferimenti politico-culturali al modello americano sono sempre stati molto presenti nelle campagne elettorali di Matteo Renzi. Non solo negli slogan o nelle citazioni obamiane. Basti pensare a «Prima Firenze!», che prendeva spunto dall’«America First» di John McCain, il candidato repubblicano che sfidò e perse la competizione con Obama nel 2008. La questione, soprattutto, riguarda il fundraising. Le cene di Renzi da mille euro a cranio fanno parte di una consuetudine americana. Se andate sul sito di Obama ci sono ancora un paio posti liberi per cenare insieme al candidato: «Dinner with Barack». Magari in alto a destra di barackobama.com vi sarete accorti del tasto «donate». Potete iniziare da lì il viaggio nel magico e trasparente mondo del finanziamento delle campagne elettorali segli Stati Uniti, dove le lobby sono così connaturate alla vita americana («as American as apple pie») da essere regolate da un registro.

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L’elenco che manca a Renzi

Ieri Franco Bechis su Libero ha pubblicato un articolo su alcune fatture che dimostrerebbero un contributo di Luigi Luisi, l’ex tesoriere della Margherita accusato di essersi portato via 13 milioni di euro, per la campagna elettorale di Matteo Renzi. Il che, se fosse vero, cozzerebbe con le tante dichiarazioni del sindaco di Firenze contro il finanziamento pubblico ai partiti (lo ha detto anche ieri su Facebook rispondendo al pezzo di Libero):

Sono tra i non moltissimi (eufemismo) amministratori a dire che il finanziamento pubblico ai partiti va abolito, non riformato: abolito.

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Matteo Renzi e l’anima del PD

Dopo gli strappi su Primo Maggio, marchionnismi vari e liberalizzazioni eventuali, Matteo Renzi – per la prima volta da due anni a questa parte – sta rimodellando la sua strategia politico-comunicativa per recuperare voti a sinistra. Alcuni segnali si sono visti negli ultimi giorni, quando il sindaco rottamatore ha interrotto il suo silenzio mediatico durato quasi tre mesi. L’intervista all’Unità di sabato scorso e il «no» a via Craxi («non sarebbe pedagogico», ha detto) sono due segnali.

Alle riforme di Monti, pur giuste, manca «l’anima», dice il sindaco. «Va bene parlare di taxi, per carità, io imporrei lo scontrino fiscale ai tassisti. Ma quando affrontiamo le liberalizzazioni dobbiamo indicare le banche, le assicurazioni, le vere lobby. E comunque, nel calendario della politica, oggi il tema è un altro». L’anima appunto. «Sono del Pd, per il mio partito vedo un’opportunità, uno spazio enorme, drammatico: la diseguaglianza sociale nel Paese». Il divario fra ricchi e poveri è «cresciuto negli ultimi vent’anni, in Italia più che altrove. Io vedo famiglie confrontarsi con la difficoltà di arrivare a fine mese. Se nasce un figlio, i genitori hanno la preoccupazione di non farcela: non è giusto. Questo i tecnici possono non vederlo, ma i politici…».

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Renzi, un elenco e una svolta. Il sindaco, i finanziamenti privati e il modello americano

Uno dei punti di forza della propaganda e dell’azione politica di Matteo Renzi è sempre stato racchiuso nei suoi slogan. «A viso aperto», «È primavera Firenze», «Facce nuove a Palazzo Vecchio». Parole veloci che ti si ficcano in testa, come quella più famosa del suo vocabolario: rottamazione. Rappresentavano la discesa in campo dell’homo novus fiorentino, che si presenta così perché diverso dai suoi predecessori. Un politico nuovo, appunto, che a differenza della cosiddetta Casta non va in giro con l’auto blu, se può prende la bicicletta, si fa trovare alle sette del mattino a controllare le buche per strada, dichiara lotta alle rendite di posizione, chiede il dimezzamento dei parlamentari (e dei loro stipendi), si scusa — contrariamente ad Alemanno — per non avere evitato gli effetti caotici della neve.

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Rottamazione addio

Editoriale di PAOLO ERMINI, dal CORRIERE FIORENTINO, 29/1/2011

E Renzi ora che fa? La domanda rimbalza ormai con una certa frequenza, e non solo fra i protagonisti e gli osservatori della politica italiana. Se lo chiedono anche parecchi fiorentini, e con qualche buona ragione, visto che si tratta del loro sindaco. Certo è che il governo Monti ha cambiato parecchie carte sul tavolo. La rottamazione è stata la fortunata (ancorché brutale) parola d’ordine di una campagna che ha lanciato il suo autore sulla ribalta nazionale. Ma era tutta giocata contro. Continua a leggere

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Sel, il partito dei separati (a Firenze)

dal CORRIERE FIORENTINO, 21/1/2012

Nasce la sinistra dei separati in casa, pardon, nel partito. Sel, giusto per non smentire i clichè sui compagni che si dividono in mille rivoli cultural-elettorali, va all’opposizione e approva un documento per certificare che Eros Cruccolini, finora capogruppo di se stesso in Consiglio comunale, non è più sufficientemente rappresentativo del vendolismo. L’assemblea provinciale che si è riunita giovedì ha votato un documento con cui conferma l’uscita dalla maggioranza renziana dopo il via libera alla privatizzazione di Ataf: Continua a leggere

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Big Bang per due Gori accelera, ma Renzi frena

dal CORRIERE FIORENTINO, 4/1/2012

Il treno del Big Bang è ripartito ma viaggia a due velocità. Da una parte c’è Giorgio Gori, ex direttore di Canale 5 e fondatore di Magnolia, che da quando ha smesso i panni di produttore televisivo passa il tempo immerso nella sua nuova missione di vita: la politica. Dall’altra ci sono Renzi e i renziani, che vogliono stare più cauti: non si sa ancora quando si voterà e se ci saranno le primarie, quindi è abbastanza prematuro dedicarsi interamente alla nuova campagna nazionale.  Continua a leggere

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Un permesso di soggiorno per il leghista

dal CORRIERE FIORENTINO, 17/12/2011

Fra i mille distinguo del Pdl di Toccafondi — il partito non aderisce, ma chi vuole è libero di partecipare — e dell’amministrazione Renzi — il sindaco va, il gonfalone no — anche la Lega Nord Toscana dà il suo contributo politico-culturale al corteo di oggi. Ieri Claudio Morganti, parlamentare a Bruxelles, ha interrotto la mezz’ora di silenzio che si era concesso dopo l’ultimo comunicato stampa per rilasciare formidabili dichiarazioni. «Capisco le motivazioni della manifestazione della comunità senegalese, a cui rinnovo la mia solidarietà, ma trovo ingiusto chiudere tutto il centro fiorentino, causando così vistosi danni economici ai commercianti». Dice Morganti che «la manifestazione poteva essere circoscritta e non interessare il centro cittadino che sarà inevitabilmente affollato per gli ultimi acquisti prima di Natale. Manifestare è un diritto di tutti, ma in un periodo particolare come questo sarebbe stato opportuno spostare il corteo in un’area circoscritta, come per esempio una sola piazza, per evitare disagi e possibili ricadute economiche sugli esercenti». A corpi ancora caldi, pur condannando l’attentatore, l’ex segretario leghista invece si era chiesto se «i venditori erano ambulanti regolari». «Non vorrei che le vittime svolgessero la propria attività presso i mercati vendendo merce abusiva. Se così fosse, i maggiori responsabili di quanto successo sarebbero coloro che non hanno impedito ai senegalesi di vendere abusivamente la loro merce». La strategia argomentativa di Morganti è ineccepibile e meriterebbe di essere studiata in tutti i corsi di public speaking: una cosa giusta (oseremmo dire scontata, come la condanna di Casseri) è la premessa di una scemenza. E onestamente è lui quello ad avere bisogno di un permesso di soggiorno.

David Allegranti
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Dopo il Cav, le ripartenze (ci vorrebbe un nemico)

dal CORRIERE FIORENTINO, 15/11/2011

Mario Monti, per quanto tecnocratico, professorale e – come si dice in una sorta di linguaggio da massoneria dell’intelletto – «bocconiano», è evidentemente un predestinato, lo testimonia anche l’anagramma del suo nome, quel Rimontiamo che è qualcosa di più di una semplice parola chiave su Twitter. Adesso è il tempo di Full Monti, lo scaccia-spread, è il tempo delle rimonte, alle quali corrispondono altrettante ripartenze e cambi di tattica e strategia. Continua a leggere

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Breve vita felice (e doppio brindisi) degli avvoltoi di Clemente VII

dal CORRIERE FIORENTINO, 10/11/2011

Ognuno ha i suoi problemi, il suo film, e a giro si vedono scene da fine impero, con topolini e topoloni che, certi di non essere più ricandidati al prossimo giro, abbandonano la nave madre alla ricerca di più facili e immediati ricollocamenti parlamentari. Berlusconi li chiama traditori, il Giornale li scheda con foto e nomi in prima pagina e il titolo «i giuda che hanno pugnalato il governo», li guardi e trovi in mezzo anche Alessio Bonciani, che nel 2008 riuscì a entrare alla Camera perché altri, candidati in più regioni, scelsero di non essere eletti in Toscana e per lui si liberò uno spazio. L’altro giorno ha lasciato il Pdl per l’Udc. Ma siccome tutto si tiene, e la caduta berlusconiana non-ancora-avvenuta ha effetti anche sul centrosinistra e sul destino politico di Matteo Renzi, dall’altra parte, nel Pd, per qualche ora si sono fregati le mani perché le (fino a due giorni fa) probabilissime elezioni di gennaio con i moon boot ai piedi e la neve fin dentro i seggi si sono fatte meno probabili, ma se comunque alla fine si facessero davvero impedirebbero lo scoppio del Big Bang. Con le elezioni nel 2013 sarebbe tutto diverso. Continua a leggere

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